Il mio Natale ha di nuovo il sorriso

Dopo quasi 20 anni dalla prima diagnosi di tumore della mia vita, affrontai il mio vero calvario. Era settembre. Tutto cominciò con una piccola e strana macchia rossa all’occhio che non se ne andava. Mi fu consigliato di farmi visitare da un oculista e fui sottoposta a biopsia: linfoma all’occhio. Mi crollò il mondo addosso.
Dopo una lunga serie di esami cominciai una cura molto forte. La sopportai per tre lunghe settimane. Sembrava andata bene, ma dai controlli emerse che ero piena di linfonodi tumefatti. I medici si meravigliarono, non avevano mai visto nulla del genere. Il mio male correva più della Ferrari! Il tumore spingeva sempre più in fuori il mio occhio. Era impressionante. Non mi riconoscevo più. Mi si gonfiò anche la gola. Comparve un altro tumore che premeva sul mio collo. I risultati della nuova biopsia arrivarono il 23 dicembre, appena prima di Natale: linfoma a cellule B. Era straziante, continuavo a piangere.
In reparto vedevo che i medici si affannavano a studiare il mio caso. Cominciai la chemioterapia. Una notte fui ricoverata d’urgenza con febbre a 40°. Allora non me ne rendevo conto, ma stavo scivolando via. Nessuno credeva che mi sarei ripresa. E invece superai quel momento. Seguirono altri trattamenti prima pesanti e poi più leggeri. Passarono mesi in cui mi chiudevo in casa, non andavo nemmeno più in chiesa, trascinavo le mie gambe senza forza, ero senza capelli, sempre stanca con pesantezza alla testa e dolori ovunque. Tutti mi incoraggiavano e la dottoressa che mi aveva in cura continuava a promettermi: “Io la guarirò!” ma io non riuscivo a crederlo possibile. In quei mesi mia figlia mi diede il mio terzo nipote, Federico. Fu lui a darmi forza e sollievo. Finirono le chemioterapie e cominciarono gli esami di controllo. Fino a quando sentii quelle parole: “Franca, lei è guarita”. Non riuscii a fare nemmeno un sorriso. La dottoressa mi sgridò, come era possibile non sorridere a questa bella notizia? Ma io mi sentivo svuotata. Avevo bisogno di tempo per realizzare che tutto sarebbe stato alle mie spalle. Solo più tardi ho capito: quei medici, che si erano presi cura di me, erano angeli.
Qualche tempo fa, mentre ero in attesa di un controllo in ospedale, ho incrociato quella mia dottoressa e mi è scappato un sorriso senza che me ne accorgessi. “Finalmente ci sono riuscita” mi ha detto.
Oggi che è tutto finito, ho firmato il consenso per permettere ai ricercatori di studiare la mia malattia per aiutare altre persone. Sarà un Natale speciale per me e per loro.
Franca
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