Dal trapianto alla mia Gioia più grande: sono rinata due volte grazie alla ricerca

Una sete intensa, che non finiva mai. La bocca sempre asciutta. Il bisogno di andare in bagno di continuo, anche in piena notte. Mia mamma capì subito che qualcosa non andava e mi portò al pronto soccorso. La glicemia era a 600.
Avevo solo dieci anni, e quello fu l’inizio improvviso e brutale del mio diabete. Non c’erano casi in famiglia, nessun punto di riferimento. Da quel momento in poi, la mia vita sarebbe cambiata per sempre: insulina tre o quattro volte al giorno, controlli continui, regole da seguire. Come può una bambina accettarlo? I compleanni, le gite scolastiche, le merende con gli amici — tutto diventava fonte di ansia. Non volevo essere diversa. Rifiutavo ogni ausilio, perché significava ammettere che il diabete fosse parte di me.
Mi nascondevo per pungermi il dito o farmi le iniezioni, e vivevo nel timore costante delle crisi ipoglicemiche, con la sensazione di non essere mai davvero libera.
Per anni ho avuto un solo desiderio: smettere di fare insulina. Sognavo l’America, dove si facevano i trapianti. Poi, un giorno, durante una visita al San Raffaele, ho notato una porta con la scritta “Medicina dei Trapianti.”
È stato come un segno del destino. Ho chiesto informazioni, prenotato una visita, e da lì è iniziato un nuovo capitolo della mia vita. Servivano molti esami e bisognava essere normopeso per poter accedere al trapianto di isole pancreatiche.
Ero determinata, nonostante la paura dei miei familiari. Ho perso i chili necessari, fatto tutti i test e affrontato ogni tappa con un’unica convinzione: preferivo mille volte i farmaci anti-rigetto alla prigione del diabete.
Dopo nove mesi di attesa è arrivata la chiamata. Avevo 25 anni. Il primo trapianto non è stato facile: è servita una seconda infusione e ci sono voluti due anni di assestamento. Ma oggi, a nove anni di distanza, non faccio più insulina: prendo solo due pastiglie al giorno.
Il trapianto è stato la svolta più grande della mia vita.
La libertà di mangiare una fetta di torta senza paura, senza calcoli o sensi di colpa, è qualcosa che non si può spiegare. È stato come tornare a respirare. E la mia rinascita ha avuto il suo compimento più grande con la nascita di mia figlia, Gioia. Sono stata il primo caso di gravidanza dopo un trapianto di isole pancreatiche. Anche quella è stata una sfida. Durante la gravidanza ho dovuto riprendere momentaneamente l’insulina, ma dopo il parto tutto è tornato alla normalità.
Oggi, stringendo tra le braccia la mia bambina di dieci mesi, sono ancora più orgogliosa della mia scelta. A lei insegnerò una cosa sola: che bisogna avere il coraggio di affrontare la vita e di migliorarla sempre, anche quando ci sono dei rischi.
E, soprattutto, le dirò di credere nella ricerca medica, che ha cambiato la mia vita e reso possibile la sua.
Debora
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